domenica 7 dicembre 2014

La vane speranze di Mr. "Whatever it takes"

Giovedì 4 dicembre il Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea ( cioè il consiglio dei presidenti delle banche centrali dei paesi aderenti all'Unione Monetaria più il Presidente stesso, il suo Vice ed altri quattro membri) si è riunita per discutere, secondo le dichiarazioni del Presidente stesso Mario Draghi " dell'acquisto di titoli di Stato e di altre attività".
La conclusione è stata che " su questa ipotesi serva ancora lavoro" , ma rimane "lo studio delle nuove misure". ( tra virgolette le dichiarazioni di Draghi).
Ho cercato sui mass-media qualche spiegazione più precisa, ma sembra che l'interesse sia concentrato sul duello all'interno del Direttivo tra varie posizioni e non sulla spiegazione ai lettori di quali temi siano stati realmente affrontati. Come sempre il focus dei mass-.media è sulla cornice e non sul soggetto del quadro, banalizzando immancabilmente ogni argomento.
In pratica ci dicono quello che sappiamo già e non ci dicono quello che non sappiamo ancora.
Così c'è chi ci spiega che quando ci sarà l'intervento non sarà direttamente sui Titoli di Stato di nuova  emissione. Essendo la BCE la Banca Centrale di uno StatoCheNonEsiste e rispondendo al principio dell'indipendenza dalla politica, mai ci saremmo aspettati che la BCE intendesse acquistare in emissione titoli di Paesi Membri, finanziando il loro debito e scatenando la guerra tra i paesi membri sulla legittimità di questo "aiuto di stato".
C'è chi ci delinea gli possibili scenari di crescente competitività delle merci tedesche sui mercati internazionali, offerta come moneta di scambio per vincere l'obiezione della Buba alle prossime mosse di Draghi. Due osservazioni al riguardo: in primo luogo, accettando la trattativa in questi termini con i tedeschi, si legittima chi pensa che Draghi agisca per salvare i paesi mediterranei, mentre la deflazione è un problema europeo.
Secondariamente, apprendendo che esiste uno yen debole, a causa delle manovre della Bank of Japan, e che, come si diceva prima, l'export tedesco vedrebbe di buon occhio un'Euro più debole, abbiamo la conferma che la svalutazione è brutta solo quando la faceva l'Italietta. E che solo quando riguarda l'Italia si chiama "competitiva", lasciando intendere un subdolo secondo fine italico che invece gli altri non hanno.
Però non c'è nessuno che ci spieghi cosa sia il Quantitative Easing, per cui siamo andati alla fonte ( o almeno una di quelle possibili) e ce lo siamo fatti spiegare dalla Bank of England.
Al di là dei tecnicismi, consultando anche il sito della FED abbiamo capito che sostanzialmente il QE rientra tra le operazioni di Mercato Aperto , con la differenza rispetto alle operazioni tradizionali che il denaro arriva direttamente sul mercato ( a istituzioni come fondi pensione, compagnie assicurative e anche banche) e non attraverso fondi messi a disposizione dalla Banca Centrale alle banche e che il tipo di titoli interessati può andare oltre i titoli di stato.
In sostanza, ciò che nessun mass-media dice è che tutto ciò serve a creare denaro. La cosa era evidente da subito, ma nessuno lo dice, si preferisce parlare di inflazione, di tasso di cambio, senza far menzione a come ci si arriva. In Italia, per gli euristi monetaristi alle vongole creare denaro è un tabù, perchè è sempre stato attribuito come vizio accessorio ai sostenitori dell'uscita dall'euro.
Bene, il QE crea denaro. Ma l'inflazione, che Draghi vuole riportare al target del 2%?
Ci facciamo aiutare da Paul Krugman per capire l'effetto esistente tra moneta ed inflazione. In "Fuori da questa crisi, adesso" leggiamo: "Le imprese non decidono di alzare i prezzi perchè l'offerta monetaria è aumentata; lo fanno perché è cresciuta la domanda relativa dei loro prodotti e sono convinte di poterlo fare senza perdere troppe vendite". Lo stesso vale per i lavoratori e il prezzo del loro lavoro ( gli stipendi). Insomma, Krugman afferma:" Se non c'è boom ( domanda - n.d.a.), non c'è inflazione; se l'economia rimane depressa, non ha senso preoccuparsi per le conseguenza inflazionistiche della creazione della moneta".
Si, però, direte  voi, Krugman è un keynesiano, è normale che dica queste cose.
Infatti, come affermano Papadia e Santini ( in "La Banca Centrale Europea") il dibattito sugli effetti che legano l'aumento della massa monetaria e livello dei prezzi è in corso dagli anni '30 e contrappone i monetaristi che "sostengono che l'effetto sui prezzi è rapido ( o addirittura immediato), completo e universale", mentre "i keynesiani controbattono che l'effetto è lento, incompleto e dipende dalle condizioni in cui si trova l'economia".
La mia imbarazzante ingenuità ( fortunatamente condivisa) mi ricorda che le teorie keynesiane hanno fatto uscire il mondo dalla Grande Depressione del 1929 però non è in grado di spiegarmi perchè non si debbano applicarle ancora di fronte alla Più Grande Depressione.
Ma alla fine, il Quantitative Easing, dove è stato applicato, ha portato gli effetti che Draghi si aspetta?
Martin Feldstein, sulla base dell'esperienza statunitense, sostiene di no.

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