domenica 19 aprile 2020

Attualità di Mazzini democratico

Non ricordo di aver studiato il pensiero politico di Mazzini ai tempi degli studi universitari, né di averne notato qualche citazione nel dibattito pubblico italiano negli ultimi anni, neppure nel gran parlare di Europa. Strano per un uomo che aveva come orizzonte della sua battaglia politica il vecchio continente.
Alla fine, forse non solo per il sottoscritto, rimane solo qualche reminiscenza liceale del Mazzini uomo politico risorgimentale.
Leggendo i suoi "Pensieri sulla democrazia in Europa" (ultima edizione del 2010 curata da Salvo Mastellone) emergono i tratti di una dottrina attuale, estremamente lucida che, padroneggiando le categorie logiche della politica, è in grado di ergersi anche a premonitrice di fenomeni moderni. Forse perché in realtà Mazzini non guarda né all'attualità, né alla storia, ma all'uomo.
Certo è quantomeno originale che la sua definizione di democrazia venga ospitata nell'Oxford Dictionary e nessun riferimento se ne faccia nel "Dizionario di Politica" di Bobbio, Matteucci, Pasquino. Personalmente la trovo una delle più ricche ed intense definizioni di democrazia: "il progresso di tutti per opera di tutti, sotto la guida dei migliori e dei più saggi".
E' una definizione che è già un manifesto. Non è una statica delimitazione procedurale: è una visione dinamica, evolutiva e volontaristica. Non parla di individuo, ma lo presuppone. Non cita il popolo, ma lo sottintende. Nessuna classe né maggioranza; è l'impegno di tutti per il miglioramento della condizione di tutti. E' una democrazia rappresentativa che sa affidare la guida della sua complessità ai migliori e ai più saggi.
E' chiaramente una visione etica e programmatica che, consapevolmente mette al centro del programma politico l'educazione dell'uomo e la sua crescita morale.
E così, nonostante l'oblio che avvolge Mazzini, riferimento non classificabile nella lotta novecentesca tra liberalismo e comunismo, il suo pensiero rimane molto attuale. Forse proprio nel fatto che le sue riflessioni coraggiosamente mettono in guardia sia dai limiti del liberalismo individualista, sia da quelli del collettivismo comunista (che egli intravide prima del loro completo dispiegamento storico), risiede la necessità di rivalutare il pensiero democratico di Mazzini.
Così egli richiama il popolo all'impegno, al proprio ruolo di fautore del proprio destino. Critica le visioni utilitaristiche della ricerca del benessere immediato che portano o al dispotismo ( se si ricerca l'utile collettivo) o all'egoismo (se si mette al centro l'utile individuale). A tal proposito affascina l'attualità di una frase scritta nel 1847, letta ora in tempi di mercato autoregolatore, quando Mazzini dice: " Potete conquistare la libertà commerciale, la libera concorrenza: ma non potete evitare l'oppressione del debole da parte del forte, del lavoratore da parte del capitalista".
Altre interessanti riflessioni le ritroviamo nel testo su "Nazionalità e Cosmopolitismo", in grado di sostenere il tentativo attuale di una parte minoritaria della sinistra di riappropriarsi del concetto di sovranità.
Mazzini rifiuta il cosmopolitismo che si basa sull'individuo, attribuisce il concetto di Nazionalità al popolo e alla patria, sottraendolo all'uso privatistico fatto da re e despoti (ed alcuni ne dovranno arrivare nel '900 tra le sue file) e conclude riunendo Fratellanza (il vero Cosmopolitismo), Nazionalità e Democrazia in una visione delle relazioni internazionali intesa come "il miglioramento di tutti, per mezzo di tutti, il progresso di ciascuno per il vantaggio di tutti".
Già quasi due secoli fa Mazzini metteva in guardia dal Cosmopolitismo basato sull'individuo perché o il singolo si trova sopraffatto ed impotente di fronte alle sorti dell'umanità e riduce i suoi gesti alla beneficienza oppure "crea o adotta un'utopia nella quale, con l'aiuto di un sistema di governo e di autorità dedotto e organizzato a priori, poter immergere e pietrificare l'Umanità". Non so voi, ma a me viene in mente l'Unione Europea.
E se alla luce di queste poche note, si capisce forse come nell'eccesso di originalità si trovi la ragione di una lunga e perdurante scomparsa del pensiero dell'esule genovese dalla scena e dal dibattito politico, è troppo azzardato pensare che una nuova sinistra democratica, egualitaria, antineoliberista, anticomunista, europea, ma non europeista possa ridare nuova vita alle sue riflessioni e farne un nucleo da cui elaborare una nuova strategia?