venerdì 28 novembre 2014

Il piano di investimenti di Juncker: come modificarlo radicalmente

Il post che segue è la traduzione dall'inglese di un articolo scritto dagli economisti Mariana Mazzucato e Caetano Penna e pubblicato in data 26 novembre 2014 in lingua originale sul blog di Mariana Mazzucato 


Oggi il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha annunciato un piano di investimenti per l'Europa di 315 miliardi di €, che avranno un effetto leva sul finanziamento proveniente dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) attraverso una nuova entità finanziaria: il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici.

Oh, ma aspettate. Non si tratta realmente di un piano di investimenti di 315 miliardi di euro. Ad un esame più ravvicinato la UE sta solo pianificando di riallocare denaro esistente in un nuovo fondo ( 21 mld. € da stanziamenti esistenti e la BEI, essendo una parte di esso denaro che già stava andando al programma di investimenti in innovazione Horizon 2020).  L'Unione Europea allora spera di ottenere un effetto leva pari a 15 per trasformare questi 21 mld. di € in investimenti per 315 mld. €.

Questo non accadrà mai. Per la stessa ragione per la quale un altro strumento, il Meccanismo di Stabilità Europeo (ESM - acronimo in inglese - nota del traduttore) non ha mai ottenuto molta leva dagli stati membri - essendo agli stessi stati richiesto di continuare un programma di austerità da matti. Alla base di tutto, 315 mld. € sarebbero sufficienti? Negli Stati Uniti, dopo la crisi finanziaria, il Governo ha investito il 4% del PIL (787 mld. $ nel American Recovery and Reinvestement Act del 2009, che ha anche indirizzato investimenti in aree verdi tramite agenzie come ARPA-E). Paragonato a questo, anche se Juncker riuscisse a raccogliere 315 miliardi di €, questo sarebbe ancora non sufficiente. Questa è una enorme opportunità persa perchè, con un serio impegno di investimento, la UE potrebbe oggi essere sulla strada della ripresa.

Un aspetto positivo del piano è il coinvolgimento della Banca Europea per gli Investimenti. Mentre abitualmente l'attenzione è solitamente sulla BCE, e la sua impossibilità fino ad ora di comportarsi come una vera banca centrale (essendo prestatore di ultima istanza e permettendo l'acquisto di titoli di stato), l'attenzione adesso sulla BEI significa, si spera, che si capisce che, anche quando dovesse partire il "quantitative easing" (QE) in Europa, questo non sarà sufficiente. I finanziamenti devono essere "diretti" verso l'economia reale - cosicchè il nuovo denaro creato non si fermi soltanto nei forzieri delle banche. Lasciamo da parte per un momento il reale effetto leva. Perchè è bene cominciare a preoccuparsi delle BEI e non solo della BCE?

In un momento in cui la crescita nelle economie europee sta vacillando, i bilanci nazionali sono limitati da misure di austerità, agli investitori privati mancano"gli spiriti animali" keynesiani - e, allo stesso tempo, le soluzioni a problemi pressanti come l'invecchiamento, la disoccupazione giovanile e i cambiamenti climatici, richiedono un'enorme somma di nuovi investimenti. L'Europe ha bisogno che la BEI diventi parte del selezionato gruppo di Banche d'Investimento Statale (SIB) che in maniera crescente promuovono investimenti strategici che sono rivolti ad aree specifiche, con lo scopo di promuovere una crescita intelligente ( trainata dall'innovazione ), sostenibile e inclusiva.

Come spieghiamo nel dettaglio in un articolo scientifico recente, la rafforzata attività delle SIB è una forza di contrasto alla ritirata del settore finanziario privato dal finanziare l'economia reale. Il "corto termismo" del sistema finanziario è stato accompagnato dalla crescente finanziarizzazione delle imprese , i dipartimenti finanziari delle quali sono diventati in maniera crescente centri di profitto, a detrimento delle attività operative di base. La crisi finanziaria del 2007 ha evidenziato questi processi in corso da decenni, rivelando la fragilità dei mercati finanziari speculativi e delle imprese finanziarizzate.

Gli anni recenti hanno anche visto le Banche Statali d'Investimento incrementare il loro ruolo in aree dove la finanza privata ha paura di incamminarsi. Questo è evidentissimo nell'emergente economia "verde"; investimenti su scala planetaria finalizzati alle sfide globali del limitare le emissioni del carbone. Secondo i dati compilati dalla Climate Policy Iniziative ( Figura 1) nel 2012, la quota delle istituzioni finanziarie per lo sviluppo ( cioè SIB) nel "panorama delle finanza per il clima" era del 34% ( la più alta quota di ogni singolo tipo di attore), paragonata al 29% degli sviluppatori di progetti ( incluse le utilities di proprietà pubblica), il 19% degli attori aziendali, il 9% dei nuclei familiari, il 6% di tutti i tipi di istituzioni finanziarie e il 3% dei governi ( investimenti da bilanci governativi). Dati tratti da Bloomberg New Energy Finance mostrano che la tedesca KfW, la China Development Bank e la BNDES sono le più attive banche statali d'investimento impegnate in questo tipo di finanza per l'energia verde "orientata all'obiettivo" (Fig. 1), come infatti abbiamo sentito recentemente alla conferenza sulla Finanza orientata all'obiettivo per l'innovazione che abbiamo organizzato a Londra quest'anno. Altre aree dove le SIB promuovono investimenti "orientati all'obiettivo" includono la salute e il settore farmaceutico, il clima e la protezione dell'ambiente (oltre l'energia verde), l'integrazione regionale e l'inclusione di comunità periferiche nel sistema finanziario.

Figura 1: le banche statali d'investimento ("development finance institutions") sono la singola più importante fonte di finanziamento per progetti di riduzione e adattamento dei cambiamenti climatici

Fonte: basata sui dati da Climate Policy Initiative


Figura 2: i finanziamenti "orientati all'obiettivo" delle banche statali d'investimento per progetti di energia verde
Fonte: basata sui dati di Bloomberg New Energy Finance (BNEF)

La BEI ha il potenziale per diventare una delle più importanti SIB "orientata all'obiettivo". Infatti noi crediamo che le SIB siano molto appropriate come fonti di finanziamento per progetti che affrontano queste nuove sfide (o obiettivi). Perchè queste sono istituzioni bancarie, sono in grado di accedere alla praticabilità economica dei progetti, che è cruciale se nuove tecnologie e progetti innovativi devono sostituire quelli vecchi. Inoltre, le SIB hanno fornito tradizionalmente finanziamenti a lungo termine ( per progetti a intensità di capitale, per esempio) e pazienti finanziamenti a lungo termine impegnati sono cruciali per rendere economicamente fattibili nuovi progetti orientati all'obiettivo. Le istituzioni bancarie sono anche ben posizionate per coordinare i portatori di interessi rispetto all'azienda, dal momento che parte del processo bancario è stabilire relazioni e costruire una rete con una varietà di attori ( da funzionari governativi ad attori aziendali a consumatori). Il fatto che le SIB abbiano un vasto portafoglio di strumenti di finanziamento ( capitale, prestiti, finanziamenti a fondo perduto, etc...) consente loro di abbinare il finanziamento più appropriato al progetto, sia che sia incrementale sia che sia radicale ( per esempio, capitale o contratti di rischio per l'innovazione radicale, prestiti per progetti di innovazione incrementale, finanziamenti a fondo perduto per la Ricerca e Sviluppo visionaria). Infine, le SIB hanno tradizionalmente svolto i loro ruoli in coordinamento con politiche governative, e nuove missioni potrebbero potenzialmente costruirsi su questo importante nodo della rete governativa.
Juncker ha fatto un passo nella direzione giusta parlando di investimento e crescita, e non solo riforme strutturali. Inoltre ha fatto un passo corretto nel mettere la BEI al centro. L'investimento è ciò di cui l'Eurozona ha disperatamente bisogno, non l'austerità della quale abbiamo sentito parlare sin dall'inizio della crisi finanziaria. Ma se vuole che questa strategia funzioni, deve supportarla concretamente e con convinzione. Aumentare gli investimenti diretti e attribuire alla BEI una strategia che vada oltre il sistemare "i fallimenti del mercato" per massimizzare l'impatto di trasformazione degli investimenti pubblici nel dar forma e creare i mercati.


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